FONTE: https://www.russiaprivet.org
Non appena incroci il suo tratto sulla tela riesci a scorgere la sfumatura di un pensiero, di un sogno che a poco a poco diventa reale. Artista apprezzata che vanta numerose esposizioni non solo in Italia, Antonella Botticelli, spazia dalla pittura alla scultura attraverso molteplici tecniche, materiali e strumenti. Inizia a dipingere giovanissima e le sue pennellate diventano lo sprigionare di energia per l’anima. L’allure che trapela dalle opere è qualcosa di indiscutibilmente mediterraneo, le sue tele sono ispirate da una continua ricerca dove convive la bellezza armoniosa e la fantasia del surreale, nella cui pratica poetica dell’artista che, in maniera unica e definitiva, crea spazi di colori senza tempo dove la connotazione materica degli elementi è correlata ad un’azione fortemente dinamica. Un luogo di allineamento per sentimenti impossibili da raccontare e da percepire tutti in una volta con un solo sguardo, un’essenza di una ricostruzione che parte da una ispirazione dell’artista. Specchio di pura vita. Alcune delle esposizioni in cui abbiamo potuto ammirare l’artista come nel 2011 a Roma S.Oreste a Palazzo Caccia-Canali, a Washington “Quetzalcoatl Gallery nel 2011, A Book About Death”, nel 2012 “Sentieri dell’anima” a Cefalù, 2012 Viareggio “Viareggio Art Project” Musei civici Villa Paolina Bonaparte, nel 2013 a Ferrara presso il Museo del Castello Estense dal titolo “New Code”, alla “Biennale Dak’Art“ a Dakar e “Art Voyage” Marrakech nel 2014, 2015 Pescara “Hipnos – Il preconscio creativo” Galleria Rinascenza Contemporanea, a Palazzo Medici Riccardi nel 2016 a Firenze, Benevento 2016 “L’intensità del segno” Palazzo Paolo V, in Bulgaria nel 2017 sino ai giorni nostri con una delle ultime esposizioni presso il Museo MAC di Caserta. Giorgio Agnisola scrive di lei. Cresciuta artisticamente sotto la guida del maestro Crescenzo Del Vecchio, dopo gli esordi figurativi approda ad una pittura informale dal forte connotato materico. “La sua arte, in equilibrio tra visionarietà ed astrazione, recupera un segno carico di energia e dai forti contrasti tonali. E’ all’interno di questa espressività tesa e a volte drammatica che l’artista rincorre una sua dimensione esistenziale, caratterizzata da un forte rispecchiamento psicologico ed emozionale”.
Cosa spinge Antonella Botticelli a produrre opere astratte e materiche caratterizzate soprattutto dal bianco e dal nero, utilizzando catrami, acrilici e pigmenti e materiali diversi, su cui interviene talora con colori preziosi o forti, in sottofondo o in superficie, come ori o rossi, i primi a impreziosire lo spartito materico, i secondi a segnare lo spazio più drammaticamente, quasi a indicare un taglio o una ferita di fontaniana memoria?
Per rispondere occorre andare all’origine del segno informale, al suo bisogno primigenio di negare la realtà per ritrovarla, per sancire che l’arte è di fatto linguaggio autonomo: esperienza che va al di là, oltre la realtà stessa e non è giustificata dal solo occhio realistico. Botticelli indaga appunto una realtà interiore. La insegue a partire da una materia spessa e rugosa, trattata egualmente con impulsività e lucidità. Il segno assume talora un movimento avvolgente, orientato a comporre come un reticolo, un intreccio insolubile nel rilievo sfibrato della superficie. L’opera nell’intrico dei segni sembra contenere uno spazio cavo, misterioso. Altre volte il segno si dispiega in spartiti più sonori e dilatati, ora densi ora rarefatti, in cui si lasciano trapelare profili vagamente allusivi di una realtà fantastica, immaginaria, onirica. In questo caso più che coprire e nascondere l’artista svela, rivela, apre lo sguardo, lo approfondisce, acuendone la prospettiva, lo distende in lontananza. La dimensione inconscia e surreale qui è palese e non di rado altresì quella sognante. Un sogno che appare tuttavia insieme mitico e drammatico, nell’aprirsi di prospettive arcaiche e persino apocalittiche. E che testimonia la capacità visionaria dell’artista. Una visionarietà contenuta e raccontata dalla grafia scomposta del segno, sentita come urgenza di una sensibilità che si apre e dispiega ad abbracciare il mondo. La materia diventa così specchio di un’anima, percorso di vita. Emana insomma una sorta di spiritualità dall’arte di Botticelli, una spiritualità invero in genere sofferente, persino crucifera. Come se lo spazio fosse sacrificio, conflitto. Se alcuni lavori, soprattutto i primi, si caratterizzano per uno dimensione cromatica di fondo, una sorta di quinta entro cui si sviluppa la dinamica informale, in seguito il segno prende decisamente il sopravvento nella sua totalità fantastica, fino ad identificarsi come percorso che va dal generale al particolare. E’ appunto nel particolare che quest’arte rivela i suoi preziosismi cromatici, le sue aperture in termini di immaginazione e di sogno. Un particolare che rivela altresì tutta la meticolosa elaborazione dell’opera, che testimonia per altro verso il vigilato mestiere. Quanto l’arte sia frutto di un vigilato mestiere e quanto di una creativa ispirazione è un’antica discussione. Indubbiamente l’arte nasce da un impulso a rappresentare, a dire oltre che a dirsi, a tradurre in un’opera le proprie intuizioni. E tutta via quanto di ciò che si realizza sia sedimentazione di sguardi, idee, tecniche, e quanto sia autenti ca invenzione è difficile dire. Fatto sta che nell’opera, e soprattutto in quella di un registro fluido come è quello informale, l’arte appare insieme tecnica e miracolo, dono dell’arte ed esperienza dell’artista che traduce, interpreta in quel segno che è insieme astrazione e concretezza il proprio sguardo e il proprio mondo. Una tale riflessione può premettere l’arte di Antonella Botticelli, artista beneventana di origine e maddalonese di adozione, che seppure sulla spinta di una sensibilità intuitiva ha sempre sensibilmente mirato ad esprimere attraverso l’opera non solo un suo stato d’animo ma anche un contenuto esistenziale. Come nella tradizione informale ella insegue infatti nel segno e nella materia non solo una capacità evocativa che sfugge ad una elaborazione progettuale ma anche una lucidità interpretativa e persino un prospettico sia pure visionario orizzonte contenutistico; per cui l’opera diventa al tempo stesso immersione vigilata nella materia pittorica e rispecchiamento di sé.